Questo l'ho scritto per un contest di scrittura.
Tema: Follia.
Danza folle
Anche la Luna mi vedeva danzare. Volavo. Volavo con il mio pensiero. La mia mente. I sogni. L’irrazionalità. E sfuggivano, si allontanavano sempre di più verso il chiarore della Luna. Ero lì, sola, in una buia notte d’estate dove ad illuminare il panorama erano solo le lucciole. Lucciole che si punzecchiavano, si scontravano e si spegnevano se le prendevo tra le mani. Danzavo. Anzi, era la mia follia a danzare. A volarsene da sola aldilà di me.
Avevo paura. Paura di cadere. Barcollavo su una corda, sull’estremità di un burrone, e la vertigine soffocava il cuore. Ma la follia andava da sé. A occhi chiusi danzavo, sulle punte dei piedi, come se avessi mandato giù una pasticca, una di quelle di estasi. Quando aprivo gli occhi li volgevo alla luna, perché solo lei poteva capirmi. Poteva osservarmi e non giudicare, non pensare che avessi una follia irrazionale, aldilà del normale, aldilà dell’essenzialità. Sola, nel buio, tra le lucciole che si nascondevano tra i miei ricci e scivolavano sui boccoli. Erano nel mio stesso ritmo.
E ballavo ancora. Ballavo su delle note sorde, che nemmeno il più grande dei compositori saprebbe scrivere su un pentagramma. In quel momento il mio pentagramma non aveva 5 linee, aveva l’irrazionalità, la forza, l’energia dell’amore, la libertà e la paura. E la chiave di Sol era la follia. Sì la follia. Incontrollabile. Quella che viene da sé. La follia pura, la follia di uno stato psichico superiore, innescato dalla bellezza del buio, della natura e della Luna. La Luna che pian piano si avvicinava a me, quasi volesse unirsi alla mia danza. Iniziammo a ballare insieme, io e la Luna. Movimenti perfetti, leggeri, surreali. La potenza dell’amore piroettava sul filo del rasoio, sul limite del possibile. Quasi volesse rischiare, rischiare con il peggiore dei nemici, il vuoto. C’era il vuoto poco più in là. Potevo cadere. Ma continuavo a rischiare! Il sapore e il gusto del limite mi faceva danzare ancora di più.
Volevo spiccare il volo, danzare nel cielo, arrivare sulla Luna e conoscere le sue stelle. Loro se ne stanno lì ad illuminare la notte, e io mi affidavo alla mia follia sotto uno spiraglio di luce.
La follia. Dolce, elettrizzante, entra nelle vene. Chissà se riuscirò a prendere il volo, o magari cadrò giù, nel vuoto. Ma continuo a sperare, a giocare con il fuoco, a rischiare con il limite e a buttarmi nella più profonda pazzia che in me. Speriamo che mi porti via. In un mondo diverso. Altrove. Ovunque.